Facciamoci un Selfie!

Il selfie non può essere considerato solamente un gesto di vanità, ma un’istantanea che delinea l’identità che sentiamo più nostra in uno specifico momento. Come in ogni ambito della vita ci vuole equilibrio e certamente l’abuso di autoscatti può comportare uno sdoppiamento della personalità, quella reale e quella digitale, ma nonostante questo il selfie è certamente uno strumento della contemporaneità. Allora perché non scoprirne nuovi utilizzi e, per esempio, scattarci una fotografia per afferrare l’immagine che vorremo dare di noi stessi, evitando però di condividerla a tutti i costi? Teniamo questa fotografia, o meglio, quest’idea che vorremmo dare di noi stessi nella nostra sfera privata, fissando un obiettivo che desideriamo raggiungere esclusivamente per valorizzare la nostra individualità. Se dedichiamo a noi stessi questa riflessione, se veramente desideriamo migliorarci, allora gli altri se ne accorgeranno senza bisogno di finzioni.

Nel mondo delle professioni sanitarie e, più in generale, per la cura della persona, il camice indossato ha la stessa forza di un selfie sui social, rappresenta un vero e proprio biglietto da visita, eppure non è scontato che un professionista ne comperi uno nuovo abitualmente, ritenendo che non sia indispensabile. Questi sono i pensieri più comuni per i quali si soprassiede all’acquisto: il camice è ancora buono anche se lievemente scolorito, qualche macchia è il simbolo della nostra operatività, la taglia è confortevole e non mi serve qualcosa di diverso. Ma come interpreta il paziente il nostro camice? Questa è la prima domanda che dovremmo porci, alla quale dovremmo farne seguire un’altra ancora più importante: questo camice rispecchia fedelmente chi sono, come opero, la mia professionalità, l’attenzione che dedico quotidianamente al mio paziente?

Il camice rappresenta il centro di costo più trascurabile nella gestione di uno studio privato ed è anche l’aspetto meno considerato. Eppure il camice ha una potente energia comunicativa. Il camice è il simbolo di una professione medica, ma essendo solitamente vissuto come un obbligo, non sempre suscita il dovuto rispetto, in relazione agli anni di studio e di lavoro. Il paziente cerca ancora chi lo rassicuri, donandogli il tempo necessario e garantendogli che sarà ben curato. Per questo la prima impressione gioca senza dubbio un ruolo fondamentale: i famosi primi trenta secondi devono trasmettere un’immagine rassicurante, in linea con l’ambiente e gli obiettivi della visita. L’immagine personale non è un concetto meramente estetico, ma ha un’importanza fondamentale nella vita professionale di ognuno. Deve comunicare al nostro paziente che siamo seri ed affidabili e, qualora l’immagine dovesse mancare di coerenza, a livello istintivo il paziente non sarà ben disposto nei nostri confronti, dal momento che comunichiamo un messaggio sbagliato.

Facciamoci allora un selfie e verifichiamo se l’immagine che vediamo è quella che pensiamo di proiettare, considerando magari di sostituire il camice usurato con un modello che veramente dimostri chi siamo e quanto valiamo.